Il 9 febbraio verrà sottoposta al voto la direttiva Europea sulle Case Green che impone un efficientamento energetico degli edifici; in particolare, la stessa prevede che la classe energetica degli immobili debba passare alla classe E entro il 2030 e alla classe D entro il 2033, con l’obiettivo di arrivare gradualmente alle 0 emissioni entro il 2050, con poche eccezioni tra cui palazzi di interesse storico e case vacanze.
Se il piano può sembrare fattibile nel nord dell’Europa, non sembra invece realizzabile in un paese come l’Italia, in cui la maggior parte degli edifici, circa il 74% secondo ANCE, sono stati costruiti prima che entrassero in vigore le normative sul risparmio energetico e la sicurezza sismica del 1976; bisogna quindi considerare che, siccome gran parte degli immobili si trova ora in classe G o F, questi necessiterebbero di importanti opere di riammodernamento, che Milano Finanza stima complessivamente per 1.400 miliardi di euro.
Pensare che una tale somma possa essere scaricata sulle spalle delle famiglie è impensabile, ma lo stesso Stato faticherebbe a distribuire incentivi, come già testimoniato dalla riduzione delle aliquote dei diversi bonus edilizi, primo fra tutti l’Ecobonus 110% che aveva come suo obiettivo proprio l’efficientamento energetico. Sotto questo aspetto, comunque, l’Europa propone di usare parte del Fondo per il Clima e del Recovery Fund per aiutare le famiglie a sostenere le spese ingenti.
In caso di mancato adeguamento scatterebbero delle sanzioni, che al momento non sono ancora state definite: non è chiaro se tra queste rientreranno vincoli alla commercialità, ma si ipotizza che la decisione spetterà ai singoli stati.
Le sanzioni però non sono l’unica conseguenza temibile da chi decida di non spendere le migliaia di euro necessarie a un intervento di riammodernamento: l’edificio non adeguato perderà infatti valore, con danno economico significativo per il proprietario, e la sussistenza della situazione su larga scala potrebbe causare una svalutazione generalizzata del patrimonio edilizio, con un rischio di credito per le banche che hanno gli immobili quali principali garanzie.
A livello macroeconomico, invece, essendo l’intervallo di tempo disponibile per richiedere questi interventi relativamente ristretto, è probabile che una crescita ripida e improvvisa della domanda degli stessi causi un aumento dei prezzi, anche per scarsità di materiale e manodopera.
In conclusione, la Direttiva Europea sulle Case Green non è certamente stata pensata a misura del nostro Paese e le conseguenze potrebbero avere effetti incisivi e dannosi sull’economia Italiana; nei prossimi 6 mesi, lasso di tempo in cui dovrà necessariamente essere approvata la direttiva, saremo in grado di elencare ed esaminare meglio le disposizioni che emergeranno con gli emendamenti, ma per ora non ci resta che guardare e sperare che il governo attuale si faccia valere in Europa e sappia aggiudicarsi le migliori condizioni possibili per l’Italia.
Marina Gatto
Dirigente Alac