Gli amministratori di condominio saranno probabilmente decimati in una ventina d’anni (pure prima se quelli attuali muoiono di fame).
Nonostante il trend dell’avviamento delle professioni sia in crescita, alcuni dati sembrano suggerire che si verificherà il contrario in un futuro molto prossimo, e le cause sono da attribuirsi a cambiamenti economici, sociali e culturali in atto.
La ragione più evidente è il calo delle nascite: dagli anni ’90, insieme all’arresto della crescita dell’economia Italiana, è iniziata anche una discesa del numero dei nuovi nati che si è solo irripidita dopo le crisi del 2008 e del 2011, con il tasso di fecondità che nel 2020 era quasi dimezzato rispetto al 1960.
Inoltre, l’aspettativa di vita è in continuo aumento, con sempre più persone anziane che lasciano il mondo del lavoro, assorbendo risorse e creando un gap che al momento non si riesce a riempire neanche con l’immigrazione.
I giovani, poi, sentendosi abbandonati da uno Stato che tende a favorire la fetta più grande della popolazione, quella degli over 45, crescono con in mente un’immagine sempre più negativa dell’Italia e abbandonano in massa il Paese per cercare condizioni più favorevoli altrove (riuscendoci pure, considerato che l’istruzione italiana è molto apprezzata all’estero).
Come accennato in precedenza, c’è una rivoluzione culturale in atto, ma per capirla bisogna comprendere la distinzione di generazioni e il contesto da cui provengono:
Boomers: nati nel boom economico tra il 1946 e il 1964, sono considerati parte della generazione più fortunata, con buone posizioni lavorative, stipendi soddisfacenti e addirittura pensioni d’oro; se la cavano un po’ peggio i late boomers che non hanno fatto in tempo a godere dei frutti del ’68, ma tutto sommato non sono messi male e saranno tutti fuori dal mondo del lavoro entro una decina d’anni. Inutile dire che moltissimi professionisti sono nati in questo periodo e il loro pensionamento, anche a causa della numerosità, sta già causando importanti scompensi.
Generazione x: i nati tra il 1965 e il 1980 scontano con la salute mentale il fatto di essere stati cresciuti da una generazione di successo e la loro fragile autostima li mette facilmente in condizione di essere trattati come pezze da piedi a lavoro. Hanno tuttavia buoni contratti soprattutto da dipendenti, per cui sono reticenti ad alzare la voce in quanto non vogliono perdere quelli che comunque sono privilegi. Mia madre è di questa generazione e lo stress le ha causato una decina di problemi neurologici diversi, ma prende uno stipendio che io mi potrei solo sognare;
Millenials: nati dal 1981 al 1996. E’ la generazione della fuga di cervelli, ma non se la passa bene in nessun paese. Gli eterni ragazzini, perché sembra che a loro sia reso impossibile combinare alcunché nella vita e quindi realizzarsi come adulti. Hanno il mutuo per la casa, pessimi contratti da dipendenti, spesso senza posto fisso, e un generico pessimismo per il futuro loro e del pianeta. Sono quelli che statisticamente aumentano l’avviamento delle professioni, in quanto non potendo puntare a buone condizioni di lavoro dipendente, provano la via del lavoro autonomo. Il loro più grande merito, comunque, è quello di avere avviato, grazie a internet, una rivoluzione culturale che mette davanti agli occhi di tutti la condizione precaria dei lavoratori e l’effetto che questa ha sulla salute mentale, accentuando l’importanza di quest’ultima e spingendo verso una presa di coscienza che ha infine forgiato la generazione z.
Generazione Z: di cui faccio parte anche io, siamo quelli nati tra il 1996 e il 2010. Conoscendo le condizioni miserabili dei millenials, abbiamo deciso che non vale la pena sforzarsi per vivere così e quindi stiamo incrociando le braccia in attesa di una rivoluzione. Sappiamo che il nostro tempo e il nostro lavoro valgono, che siamo pochi, che saremo sempre più importanti in un Paese in cui nascono sempre meno persone e ne invecchiano di più. Prima o poi saranno costretti a darci ascolto, nel frattempo aspettiamo, tanto ci stanno mantenendo i late boomers e gen x di cui siamo figli. Ci avviamo verso un cambio di valori, che passano dall’essere il lavoro e l’impegno per la società (e per altri in generale)a discapito di tutto, ad una nuova valorizzazione della vita dell’individuo, del suo tempo e della sua salute.
Si è visto che dal 2016 i giovani dopo la laurea scelgono sempre di più posti da dipendenti che possano dare garanzie e un buon equilibrio vita-lavoro (e che sono prontissimi a lasciare nel caso le condizioni peggiorassero), mentre quelli che scelgono di diventare professionisti sono sempre meno.
Vista la previsione del numero di professionisti in generale, possiamo ora analizzare alcune caratteristiche dell’amministrazione di condominio, esaminata con queste nuove conoscenze:
- La professione è stata per molto tempo esercitata soprattutto come secondo lavoro dai boomers, che hanno saturato il mercato e contribuito a mantenere i compensi bassi; questi stanno ora andando in pensione e i giovani difficilmente, vista le remunerazione, vorranno prendere il loro posto;
- Soprattutto considerato il compenso, questa professione è troppo stressante e a tratti denigrante per essere scelta da una generazione che dà tanta importanza al valore della persona e alla salute mentale.
- Non esiste un albo, non c’è equo compenso, e le garanzie sono assolutamente insufficienti a rendere l’amministrazione di condominio appetibile ai giovani.
Ne consegue che, se non ci sarà un miglioramento importante, i professionisti saranno sempre meno. Tra loro, gli amministratori di condominio, che già hanno una pessima reputazione, finiranno per essere una manciata che avrà in mano il patrimonio immobiliare di un Paese intero.
A quel punto, però, i compensi almeno saranno più alti.
Marina Gatto
Dirigente Alac Genova